Che cos’è la MINST (Minimally Invasive Non Surgical Technique) e come è arrivata a essere un protocollo studiato dai ricercatori internazionali?
Lo spieghiamo in questo articolo, una “piccola” revisione narrativa che ne segue l’evoluzione fino ad arrivare alle recenti rielaborazioni scientifiche.
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Buon approfondimento.
Introduzione
La malattia parodontale colpisce le strutture di supporto dei denti, portando alla migrazione apicale dell’attacco epiteliale e al riassorbimento del tessuto connettivo e dell’osso alveolare, spesso con conseguente perdita precoce degli elementi dentari.
La distruzione ossea parodontale può portare alla formazione di difetti ossei orizzontali o verticali, a seconda della direzione e dell’estensione del danno tissutale placca-indotto e dai fattori di rischio sistemici e locali che entrano in gioco nel soggetto affetto (1).
I difetti parodontali verticali (noti anche come “infraossei”) sono definiti come quei difetti in cui si verifica un riassorbimento osseo interprossimale angolare rispetto alla cresta ossea degli altri elementi dentari.
Si ritiene che i difetti infraossei non trattati abbiano un alto rischio di progressione della malattia parodontale (Papapanou & Wennstrom 1991) pertanto sono considerati siti che richiedono una terapia efficace e mirata.


Il percorso della terapia parodontale chirurgica nei difetti infraossei
La terapia consigliabile è passata dall’eliminazione chirurgica del difetto (Friedman 1955) ad approcci a lembo aperto più conservativi evitando la resezione ossea (Rosling et al. 1976) alla rigenerazione parodontale ancora più conservativa, volta a riformare l’attacco parodontale e l’osso persi (Nyman et al. 1982).
Prove solide mostrano che la chirurgia rigenerativa parodontale si traduce in miglioramenti radiografici clinici nei difetti infraossei (Nyman et al. 1982, Cortellini & Tonetti 2000). Tuttavia ciò è associato a una potenziale morbosità e a costi elevati dovuti all’uso di innesti ossei e biomateriali e non sempre gli esiti sono prevedibili (Needleman et al. 2006).
Il campo della chirurgia parodontale Harrel e Rees (1995) proposero la “Minimally Invasive Surgery” (MIS) con lo scopo di ridurre le dimensioni delle ferite chirurgiche e manipolare delicatamente i tessuti molli e duri al fine di conservare tessuto biologico (Harrel and Nunn 2001, Harrel et al 2005).
Cortellini e Tonetti (2007) con la pubblicazione della “Minimally Invasive Surgical Technique” (MIST) hanno stilato un protocollo chirurgico minimamente invasivo utilizzando strumenti ultrasottili, cercato di preservare la papilla interdentale e di migliorare la stabilità del coagulo senza irrigazioni favorendo la chiusura primaria della ferita chirurgica, aspetti ulteriormente evoluti con la “Modified Minimally Invasive Surgical Technique” (M-MIST, Cortellini & Tonetti 2009) in cui la “finestra chirurgica” viene ancora più ridotta (2).
Il percorso della terapia parodontale non chirurgica nei difetti infraossei
Seguendo il filone chirurgico, è stata proposta una tecnica non chirurgica chiamata con l’acronimo MINST (terapia parodontale non chirurgica minimamente invasiva) che mira ad ottenere un’ampia decontaminazione parodontale con un trauma tissutale minimo. Tale tecnica richiede un approccio minimamente invasivo attraverso l’impiego di strumenti ultrasonici ultrasottili, micro-mini curettes, uso di occhiali ingranditori con luce, accesso sub-papillare e nessuna irrigazione per stabilizzare il coagulo (3).
Gli obiettivi della MINST mirano alla preservazione dei tessuti molli senza rimuovere il tessuto di granulazione (evitando la contrazione gengivale), a preservare l’apporto sanguigno che è destinato ai tessuti e che contiene il potenziale rigenerativo (favorendo la stabilità del coagulo), alla riduzione del PPD e la riduzione del discomfort del paziente che presenterà anche una maggiore velocità nei tempi di recupero post-trattamento.
Un ulteriore evoluzione del protocollo MINST, viene realizzato col M-MINST (Modified-Minimally Invasive Non Surgical Technique) tecnica che prevede l’uso esclusivo di ultrasuoni con inserti sottili (vengono eliminate le curette), l’impiego di anestesia senza adrenalina per non influire nella ri-vascolarizzazione dei tessuti e la rivalutazione del paziente non prima di sei mesi dalla terapia iniziale.
È interessante notare che non sono state rilevate differenze cliniche nella guarigione dei difetti infraossei in uno studio che confronta interventi chirurgici rigenerativi e non chirurgici mininvasivi (Ribeiro et al. 2011). Questi autori hanno osservato un guadagno CAL di 2,8 mm con un approccio chirurgico e 2,6 mm con un approccio non chirurgico nei difetti intraossei al follow-up di 6 mesi, senza osservare alcuna differenza nelle recessioni gengivali tra i due gruppi (4).
Studi retrospettivi dimostrano come l’approccio non chirurgico sia stabile anche a distanza di 12 mesi (5) e vengono inoltre riportati follow-up a 9 anni (6).
Conclusione
La terapia parodontale non chirurgica mininvasiva (MINST) sta emergendo non solo come pre-requisito alla chirurgia parodontale, ma anche come potenziale alternativa al trattamento chirurgico dei difetti intraossei (Nibali, 2014).
Una recente revisione della letteratura ci dimostra come gli approcci minimamente invasivi (sia chirurgici che non) siano promettenti nel trattamento dei difetti verticali e che, causa eterogeneità degli studi clinici finora eseguiti, siano necessarie ulteriori investigazioni (7).
Considerazioni delle autrici
Come Igienisti Dentali ci occupiamo del trattamento non chirurgico della malattia parodontale e queste ricerche non fanno altro che stimolarci a dei percorsi sempre più specialistici al fine di portare la cura della malattia parodontale a livelli sempre più elevati e alla portata dei pazienti che non sempre possono – o non vogliono – affrontare terapie chirurgiche.
Ci auguriamo che questo articolo sia stato di aggiornamento e di stimolo per tutti i colleghi che amano questo argomento e a breve vi parleremo anche di come la rigenerativa possa diventare una parte integrante della parodontologia non chirurgica.
Note
1- Papapanou PN, Tonetti MS. Diagnosis and epidemiology of periodontal osseous lesions. Periodontol 2000. 2000;22:8-21.
2- Cortellini P, Tonetti MS. A minimally invasive surgical technique with an enamel matrix derivative in the regenerative treatment of intra-bony defects: a novel approach to limit morbidity. J Clin Periodontol. 2007 Jan;34(1):87-93.
3- Nibali L, Koidou V, Salomone S, Hamborg T, Allaker R, Ezra R, Zou L, Tsakos G, Gkranias N, Donos N. Minimally invasive non-surgical vs. surgical approach for periodontal intrabony defects: a randomised controlled trial. Trials. 2019 Jul 27;20(1):461.
4- Ribeiro FV, Casarin RC, Palma MA, Júnior FH, Sallum EA, Casati MZ. Clinical and patient-centered outcomes after minimally invasive non-surgical or surgical approaches for the treatment of intrabony defects: a randomized clinical trial. J Periodontol. 2011 Sep;82(9):1256-66
5- Ribeiro FV, Casarin RC, Palma MA, Júnior FH, Sallum EA, Casati MZ. Clinical and microbiological changes after minimally invasive therapeutic approaches in intrabony defects: a 12-month follow-up. Clin Oral Investig. 2013 Sep;17(7):1635-44
6- Nibali L, Yeh YC, Pometti D, Tu YK. Long-term stability of intrabony defects treated with minimally invasive non-surgical therapy. J Clin Periodontol. 2018 Dec;45(12):1458-1464.
7- Barbato L, Selvaggi F, Kalemaj Z, Buti J, Bendinelli E, Marca M, Cairo F. Clinical efficacy of minimally invasive surgical (MIS) and non-surgical (MINST) treatments of periodontal intra-bony defect. A systematic review and network meta-analysis of RCT’s. Clin Oral Investig. 2020 Mar;24(3):1125-1135.