Sbiancamento dello smalto, quando i denti bianchi sono un’illusione ottica

Tutti desiderano un bel sorriso bianco. Le richieste di sbiancamento dei denti sono aumentate. I metodi e i prodotti impiegati sono molti, ma i risultati non sempre sono quelli che speravamo o che avevamo promesso al paziente. In questo breve articolo vi racconterò la mia esperienza tra illusioni ottiche e sbiancamento.

Osservate queste due foto: i denti nella foto in basso sono più bianchi, le superfici sono evidentemente più luminose. Potrei mettere queste foto in una brochure, per promuovere i trattamenti sbiancanti. Ma non posso, perché… provate a indovinare quale prodotto sbiancante ho usato?

Nessuno! L’unico prodotto che ho utilizzato è il rivelatore per il protocollo di Mantenimento GBT.

Lo sbiancamento dei denti vitali ha almeno 30 anni. Quanto vidi le prime tecniche per rendere le arcate più bianche erano gli anni Ottanta; il metodo utilizzato prevedeva l’applicazione di perossidi tramite cucchiai di metallo riscaldati, non ricordo se tramite passaggio di acqua o elettricità. In realtà, non ricordo neppure come si isolava la gengiva, ma in sostanza l’obiettivo all’epoca era di trattare le discromie da tetraciclina. Nessuno si sognava di sbiancare i denti solamente ingialliti dal tempo o dai fattori estrinseci.

Negli anni Novanta, dapprima negli USA e poi in Europa, assistemmo a una vera e propria innovazione con l’introduzione del perossido di carbammide. Il gel poteva essere applicato a basse concentrazioni, grazie al carbopol contenuto, e consentiva di schiarire i denti ottenendo un bianco in grado di superare anche il colore più chiaro presente in natura. La conquista del bianco portò l’industria a introdurre molti prodotti anche per il “fai da te” inducendo le agenzie di controllo e le associazioni odontoiatriche a regolamentarne l’uso.

L’FDA impose alle industrie di certificare l’efficacia e la sicurezza dei prodotti immessi sul mercato e l’ADA raccomandò ai dentisti di impiegare solo prodotti certificati, al fine di offrire trattamenti sicuri per i pazienti. Nel contempo, gli studi scientifici e la ricerca valutarono gli effetti, i limiti e la sicurezza dei prodotti sbiancanti. Ad oggi la letteratura afferma che i prodotti testati dalle aziende e validati dalla ricerca scientifica sono sicuri, ma devono essere usati con competenza e sotto l’attenta supervisione degli operatori. Nel 2017 anche l’Europa ne ha regolamentato l’impiego, esplicitando che i perossidi con una concentrazione superiore al 1% devono essere applicati e prescritti solo nello studio dentistico e da personale qualificato.

Oggi, malgrado le normative europee, noi igienisti dentali ci troviamo comunque a combattere con gli e-commerce che permettono ai non addetti l’acquisto di prodotti specialistici (cosa che mi infastidisce molto). Assistiamo poi a promozioni di prodotti di blanda efficacia (ma sinceramente questo poco mi tange) e ci tocca anche vedere farmacie e fiere del fitness che propongono trattamenti sbiancanti (e nemmeno questo mi sconvolge).

Nel corso della mia carriera ho provato molti prodotti, sono stata anche tester per alcune aziende che mi chiedevano di valutarne l’efficacia e stabilire i protocolli clinici delle novità immesse sul mercato. È evidente che la qualità di un prodotto ha la sua importanza. Ma ho capito anche che il vero risultato si osserva alla stabilizzazione del trattamento, che avviene entro le prime due settimane. Ma soprattutto, ciò ho imparato è che ogni discromia è una storia a se e che il risultato è difficilmente prevedibile. Questo lo conferma anche la letteratura. Per questo, quando il paziente mi chiede se è possibile sbiancare i denti, cerco sempre di chiarire questi tre punti:

  1. Quale risultato si aspetta il paziente?
  2. Quale trattamento posso proporre per garantire un buon risultato di quella specifica discromia?
  3. Il paziente accetterà gli eventuali effetti collaterali e le rinunce che impone il trattamento?

Successi e insuccessi mi hanno consentito di accumulare esperienza, con il tempo ho sviluppato protocolli attraverso i quali riesco a offrire ai miei pazienti risultati ottimi e stabili nel tempo. Eppure, non sempre mi sento in grado di offrire certezze. In certi casi esprimo con chiarezza la mia perplessità o la non fattibilità dell’intervento, valutando insieme all’odontoiatra le possibili alternative.

Vi consiglio di scattare sempre una foto con la scala colori prima e dopo la sbiancamento. È l’unico modo per avere una valutazione oggettiva del risultato e per poterla condividere con il paziente. Evitate inoltre i prodotti che danno risultati immediati ma non stabili: se dopo quindici giorni il paziente non vedrà più il bianco che gli è stato restituito al momento dell’uscita dallo studio, penserà che l’avete imbrogliato. Se volete dare solo una “illuminatina” che duri qualche oretta, usate il rivelatore di placca come vedete nella foto di copertina, et voilà. Scherzo, naturalmente!

Vi anticipo che ad aprile o maggio 2020 (la data è ancora da stabilire) terrò un corso tutto nuovo sullo sbiancamento dello smalto. Condividerò con gli iscritti i miei casi, illustrando i protocolli utilizzati e le tecniche di gestione del trattamento e di mantenimento. Voglio che anche voi possiate vivere la soddisfazione di un paziente che esclama “Wow!” quando osserva il bianco sorriso che gli avete restituito.

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L'autrice dell'articolo

Consuelo Sanavia

Consuelo Sanavia

Sono un’igienista dentale con 30 anni di esperienza in studio. Mi occupo di formazione per colleghi e odontoiatri. I miei corsi sono mirati a una attività clinica moderna e in linea con le evidenze scientifiche EBM e le linee guida nazionali ed internazionali. Svolgo attività privata in studio, in provincia di Asti. Sono inoltre docente di Scienze e tecniche di igiene orale all’Università di Genova e in vari master universitari.

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